Antigone

10.11.2020



"Antigone"( Ἀντιγόνη) è una tragedia di Sofocle rappresentata nel Teatro di Dioniso ad Atene nel 442 a.C. Grazie a questa riuscì a ottenere la vittoria alle Grandi Dionisie di quell'anno.

La protagonista è Antigone, frutto dell'incesto tra il re Edipo e la moglie-madre Giocasta,dai quali nacquero altri tre figli:Eteocle,Polinice e Ismene.

La tragedia ne percorre le tracce da quando ella espone alla sorella la volontà di seppellire il fratello fino alla sua morte, a quella del promesso sposo Emone e a quella di Euridice, moglie di Creonte,nuovo re di Tebe e zio della protagonista.

Le fonti più antiche molto spesso ignorano la sua vicenda. Molto di quello che è stato scritto da Sofocle è frutto della sua immaginazione. Probabile è anche che il mito di Edipo fosse ancora poco conosciuto nel momento in cui la vicenda fu messa in scena,o comunque pare che si conoscesse fino alla guerra tra i due fratelli.Solo il finale dei "7 contro Tebe" di Eschilo accenna ad Antigone,ma sembra che sia spurio e che sia stato utilizzato per collegare le due tragedie.

 "ANTIGONE" AL TEATRO ELFO PUCCINI DI MILANO"

La scena si svolge davanti alla reggia di Tebe,in Beozia. Il coro è formato da anziani tebani.

Il prologo si apre con il dialogo tra Ismene e Antigone. La prima viene informata dalla protagonista del decreto emanato da Creonte.

In questo dialogo è importante una battuta di Ismene per capire la situazione della donna in Grecia:

"Bisogna concentrarsi in questo: siamo tempra di donne, non fatte per duelli contro l'uomo. Non basta. Siamo sotto gente forte, piegate, docili a queste cose d'oggi, o ad altre, più brucianti. "

Ismene esprime in poche parole il ruolo della donna nel periodo in cui vive, che ha il dovere di obbedire all'uomo,di non scontrarsi con lui,perchè incontrovertibilmente debole. L'unica cosa che può fare è sopportare e fare il meno rumore possibile. Basta pensare a queste parole espresse qualche secolo dopo da Renaud de Montauban:

"Rientrate nei vostri appartamenti dipinti e dorati,sedetevi nell'ombra,bevete,mangiate,ricamate,ma non occupatevi dei nostri affari. Il nostro compito è quello di lottare con la spada e l'acciaio."

Qui si può notare un forte contrasto tra la figura di Ismene,donna impeccabile,che sa quale sia il suo ruolo e che si mantiene all'interno del confine che le compete, e quella di Antigone,che invece lo supera, a costo della vita. Nella storia greca e romana sono poche le figure femminili che riescono a varcare effettivamente il limite, tralasciando quelle mitologiche o frutti dell'invenzione poetica. Nonostante o appunto per tale motivo sono state aspramente criticate e bollate come donne malvagie. Possiamo pensare alle amanti dei poeti,come Lesbia,Cinzia oppure Delia, ma anche a figure storiche, Sempronia e la madre dei Gracchi,oppure la filosofa Ipazia.Quelle che hanno dato alla luce uomini importanti hanno avuto un ruolo fondamentale nell'educazione dei figli e ,nel caso di imperatori, anche nel servizio al governo. E poi ci sono Saffo e Sulpicia, due poetesse, una meno,l'altra quasi totalmente dimenticata.

                                                                IPAZIA,FILOSOFA GRECA


Nel primo episodio Creonte parla al popolo come successore di Eteocle. Afferma di avergli fatto dare sepoltura e di aver invece fatto lasciare quello di Polinice a cani e ad avvoltoi. A un certo punto arriva una guardia titubante che si rivolge al re,riferendo che qualcuno lo ha seppellito contro il suo volere.Egli ,allora, lo caccia via,dopo aver dubitato della sua innocenza, e gli dice che verrà ritenuto colpevole se non troverà chi ha commesso l'atto.

Nel secondo episodio è proprio Antigone ad essere protagonista. Viene catturata dalla guardia e portata al cospetto di Creonte dove ha luogo un aspro scontro tra i due.Lei ammette la sua azione e alla domanda se abbia osato trasgredire le leggi da lui imposte risponde:

"Ah sì. Quest'ordine non l'ha gridato Zeus, a me; né fu Diritto, che divide con gli dèi l'abisso, ordinatore di norme come quelle, per il mondo. Ero convinta: gli ordini che tu gridi non hanno tanto nerbo da far violare a chi ha morte in sé regole sovrumane, non mai scritte, senza cedimenti. Regole non d'un'ora, non d'un giorno fa. "

Le leggi a cui si confà Antigone non sono quelle terrene emanate da Creonte, ma quelle divine che regolano i morti, eterne, secondo le quali lei è innocente.Meglio morire,soggiunge,avendo seppellito il fratello,piuttosto che vivere,obbedendo alla legge iniqua dello Stato.

Alla battuta di Antigone, corrisponde una serie di battute di Creonte che possono essere riassunte in questa espressione:

"Non sarei più maschio,io,lei sarebbe maschio se questa prepotenza passasse senza pena!"

Per lui è intollerabile che una donna commetta ingiustizia, se ne glori e non venga punita da chi le è superiore,il re,ma soprattutto un uomo,considerato moralmente e fisicamente superiore(secondo i canoni dell'epoca).Aristotele stesso pensava questo:

"La femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità.Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e manchevole."

Non gli importa che sia una sua consanguinea,il suo scopo è quello di farsi valere,di mostrare la sua virilità attraverso la punizione,cioè riportandola alla condizione in cui è giusto che stia. Antigone sta esprimendo la sua opinione,che per una donna all'epoca già era considerevole,anche contrapposta a Ismene. Sta mettendo in atto il frutto del suo pensiero, ma non può farlo. L'intelletto,la volontà e l'azione erano prettamente maschili.

Creonte poi manda a chiamare la nipote Ismene che crede coinvolta nel piano,poi torna a discutere con Antigone:Eteocle è morto per mano di Polinice,nonostante avesse lo stesso sangue,ma al contrario non aveva commesso nessun male.Lei risponde:

"Non uno schiavo,una cosa. Un fratello m'era morto"

Alla fine entra Ismene in scena e Creonte vuole condannare anche lei con l'accusa di aver tramato di nascosto con sua sorella. Allora questa si dichiara pronta a morire, ma Antigone rifiuta poiché all'inizio la sorella non era d'accordo:

"Non ho caro chi ama,ma solo a parole"

Infine Ismene si rivolge a Creonte e gli chiede se davvero vuole strappare la sposa, Antigone, a suo figlio, Emone:

" Anche i campi di altre donne ci sono,da arare." è la risposta di Creonte "Detesto cattive mogli per i figli."

Anche in questo caso emerge la forte misoginia del re,che paragona le donne ai campi da arare,terreni fertili che servono solamente per piantare il seme, cioè per procreare. C'è una forte oggettificazione della donna che viene percepita senza identità ,come QUALCOSA di facilmente sostituibile.

Alla fine vengono portate vie entrambe, con la minaccia della morte.

Nel terzo episodio invece c'è il confronto tra Creonte e il figlio Emone.Il re pensa che il figlio sia arrabbiato con lui, ma egli con mezzi poco potenti prova a raggirarlo. Gli dice che nulla per lui è più importante della guida datagli dal padre. Allora Creonte prova a dargli dei consigli:

" Figlio, non perdere il cervello, ora, dietro a sesso di donna. Devi sapere che dà brividi stringere una donna, se quella che ti porti a letto, e in casa, è perfida. Può esistere ulcera peggiore di un legame sporco? Sputale in faccia. Ci odia, quella. Lasciala cadere dentro al Nulla, che si mariti là."

Antigone rappresenta l'ideale di una donna che era inammissibile all'epoca,che lotta per i suoi principi,con una volontà propria. La parte maschile amava all'epoca una donna sottomessa, docile. Lo stesso Montherlant,scrittore francese del XX secolo, dice:

"Non amo l'uguaglianza perché,nella donna,cerco la bambina."

L'idea della donna inesperta,che ha bisogno di un padrone e di un tutore,perchè non sa cosa sia il mondo, era radicata nella mentalità.Era anche molto vera,poichè le bambine erano educate a preoccuparsi di diventare buone mogli e rimanevano in casa. Non avevano altro desiderio che quello. Honore de Balzac,anch'esso scrittore francese, ma del XIX secolo, si pronuncia così sul ruolo femminile:

"Il destino della donna e la sua unica gloria consiste nel far battere il cuore degli uomini."

Creonte poi prosegue dicendo che bisogna in ogni modo obbedire alle leggi e finisce con l'espressione:

"Nei vittoriosi, fedeltà ai comandi salva molte vite. Chiudo: urge sostenere l'ordine vigente, non arretrare davanti a donna, mai. Preferisco, se devo, crollare sotto pugno maschio, e non sentirmi dire che m'arrendo a donne. "

La donna è sempre stata considerata fisicamente e mentalmente inferiore. Per questa ragione davanti alla sconfitta contro una donna, un uomo appariva debole . Quindi proprio per questo Creonte dichiara che è meglio cadere da valorosi,per mano di uomo.

Emone riprende la parola e bonariamente tenta di spiegare al padre, che sebbene le sue parole siano giuste, la popolazione piange la morte di una giovane che si è mostrata valente nel voler seppellire il fratello morto, adempiendo così al volere delle divinità.Infine lo lusinga,dicendo che lui non è d'accordo con queste voci e che vuole solamente il bene del padre.Aggiunge che è saggio non l'uomo che si ostina nelle sue decisioni, ma colui che ammette anche di poter cambiare idea.Alla fine lo invita ad abbandonare l'ira e a risparmiarla.In reazione Creonte si arrabbia, gli dice di essere vittima di donna e donna lui stesso e che la ragazza ha il destino segnato,quello di morte.Invece Ismene verrà risparmiata.

Nel quarto episodio entrano in scena il corifeo e Antigone,che annuncia la sua fine. Poi, in un dialogo con il coro,afferma che non verrà accolta per la sua situazione nè dai morti nè dai vivi. Dopo aver disprezzato la sorte della sua stirpe afferma:

"Nessuno mi piange, nessuno è mio, non ho note di nozze. L'anima in pezzi, strascino passi segnati! Soffro: il mio occhio non ha più diritto a quel puro scoccare di luce. La mia fine è riarsa: nessuno l'irrora di pianto"

Entra Creonte e dice che venga condotta alla sua prossima tomba. Antigone dichiara che ultima della sua stirpe scende nell'Ade,ma almeno spera di fare cosa gradita a padre,madre e fratelli. Infatti il legame che la lega ai parenti,in particolare a Polinice, è superiore di quello che la legherebbe a un marito,il quale può essere sostituito. Come detto precedentemente,il solo ruolo della donna all'epoca era quello di mandare avanti la casa, accontentare i bisogni del marito e fare figli.Antigone invece qui considera il marito una figura inferiore a quelle di sangue,quasi inutile.Strana affermazione sicuramente per una donna,per cui egli era il tutore e il padrone,quindi il centro della vita femminile.L'ultima invocazione è alla città di Tebe e ai suoi cittadini.

Nel quinto episodio Creonte si scontra con Tiresia,il vaticinante, che prova con ogni mezzo a convincere Creonte a risparmiare la fanciulla se non vuole ritorsioni.Creonte,dopo averlo accusato di corruzione, alla fine si lascia persuadere e corre a liberare la ragazza.

Nell'epilogo un nunzio arriva a riferire che non solo Antigone non è stata salvata,ma che anzi,insieme a lei, si è ucciso lo stesso Emone. La regina Euridice,moglie di Creonte,avendo udito la notizia,si uccide e un secondo nunzio lo riferisce a Creonte,che,preso dal dolore,desidera morire egli stesso.

L'Antigone riprende una delle tematiche dell'Aiace, la liceità di seppellire o meno il nemico ucciso. All'inizio della vicenda lo spartiacque è il bando di Creonte,ma con lo sviluppo diventa Antigone stessa.Infatti gli altri personaggi sono giudicati in base al modo in cui si pongono verso di lei. La società che Sofocle vuole rappresentare è quella di Pericle,dove prendono piede nuovi visioni del mondo che rendono vana la tradizione religiosa passata.Il bando di Creonte all'inizio è giusto, ma inizia a perdere vigore quando lui persiste duramente nel suo proposito,fissando in idee strette il bene e il male. Il diritto attico del V secolo negava la sepoltura ai traditori,permettendo però ai familiari di seppellirle a terra straniera. La vita di Antigone è invece trascorsa nella disgrazia più nera. La sua idea è che la legge della giustizia è eterna e che essa è considerata follia.Sia Creonte sia il Coro la ritengono pazza.


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